La felicità diventa una materia di studio in molti paesi del mondo. La notizia, che potete leggere qui, dovrebbe essere rilanciata da tutti i giornali.
La felicità: educare i bambini e i ragazzi ad essere felici attraverso una diversa autostima e il miglioramento dei rapporti personali.
Quando ci rivogliamo ai bambini, senza volerlo, tendiamo a far pesare loro i comportamenti sbagliati e a correggerli mentre diamo per scontati i loro successi. Non li incoraggiamo mai quanto dovremmo perchè per noi è normale che si comportino bene.
STRUMENTI PER INSEGNARE LA FELICITA' - Dovremmo invece fare un passo indietro. Come si insegna la felicità ad un bambino? E perchè dovremmo insegnargli ad essere felice?
Noi pensiamo che un bambino è felice solo perchè è bambino. Ma nella sua mente, spesso, si affollano sensazioni che non sa come definire e che pensa siano sbagliate: la paura di un insuccesso, la paura che i genitori gli neghino l'affetto, la paura di smarrirsi, la rabbia e la frustrazione.
IMPARARE ATTRAVERSO L'ESEMPIO - Poi vedono noi. Noi siamo felici? Sempre di corsa e sempre indaffarati...sorridiamo mai? Se è vero che i nostri figli imparano da noi attravero l'esempio: interroghiamo noi stessi: in quanti modi siamo capaci di esteriorizzare la felicità?
- SORRIDERE: Il primo mezzo che si utilizza per esprimere la felicità è il sorriso. Sorridiamo di più. Raccontiamo cose buffe o divertenti che ci sono accadute durante la giornata: la collega (povera!) che si è schizzata col caffè, la signora sulla metro che si è addormentata e russava...quella volta che siamo scivolati e per poco...mostriamo un atteggiamento allegro. In questo modo i bambini impareranno a concentrarsi sugli aspetti positivi e allegri che su quelli tristi.
- PICCOLI COMPITI: Diamo ai bambini piccoli incarichi da svolgere per elogiarli più spesso e avere l'occasione di mostrare quanto siamo fieri di loro. Qualcuno potrebbe obiettare che è un sistema che incoraggia l'esempio positivo in sfavore di quello negativo come nell'addestramento dei cani. Dico solo che, se i bambini non vengono etichettati come irresponsabili, pasticcioni, incapaci, sicuramente sentiranno che "sono in grado di", che 2sono bravi a" andando a sviluppare un nuovo senso di "ciò che posso fare, ciò che so fare".
- STIMOLI E AUTOSTIMA: Se un bambino non si sente bravo a disegnare, colorare, nuotare, sottolineamo i suoi successi quando compie azioni per cui non si sente portato. Anche se il disegno è uno scarabocchio o lo stile di nuoto non proprio perfetto, impostiamo una conversazione positiva e non critica. Un conto e dire: "potevi fare così..." un conto è dire:"Bravo! Si vede che ti sei impegnato tanto, vedrai che la prossima volta ti riuscirà ancora meglio"
- COMPLICITA': Un bambino che sente di poter confidare tutti i suoi sentimenti, tutte le emozioni, successi e insuccessi con i genitori, sarà un bambino felice.
- NON GIUSTIFICARE MA INCORAGGIARE - Troppo spesso, come genitori, per giustificare un insuccesso di nostro figlio, tendiamo a colpevolizzare altri: i maestri per un brutto voto, gli istruttori per una brutta prestazione sportiva, i compagni per un litigio e così via. In questo modo insegneremo al bambino che vive in un mondo ingiusto e che anche se si impegna nessuno, tranne mamma e papà, riconosceranno i suoi meriti. La felicità non risiede in un bel voto o in una bella prestazione sportiva ma nel rapporto di positività anche verso gli altri. Nostro figlio non è più speciale rispetto ai suoi compagni. Insegnare al bambino l'impegno e il sacrificio per ottenere un risultato lo porterà ad essere felice per il risultato raggiunto e consapevole dei suoi mezzi e dei suoi limiti. "So che potresti fare di più" oppure "potevi impegnarti di più" equivalgono a dire che non ha fatto abbastanza. Non sono frasi incoraggianti. Mettersi accanto al bambino a fare i compiti non è un atteggiamento positivo. Incoraggiare vuol dire spronare il bambino a provare e riprovare con i suoi mezzi, senza scorciatoie, tutte le strade fino a che non trovi, da solo, quella giusta.
- LIBERI DI SPERIMENTARE - Non diciamo mai ai bambini "fai così..." mentre stanno giocando. Ricordiamo che il gioco è divertimento e attraverso il gioco i bambini misurano se stessi. Lasciamoli liberi di farlo senza apostrofarli.
- RACCONTIAMO LE FAVOLE - Oggi abbiamo sostituito i libri con tablet, smartphone e tv. Raccontare le favole non insegna al bambino che esistono le streghe i maghi, i cattivi ma la certezza che possano essere sconfitti. Li fa riflettere, immedesimare e poi vincere. E la vittoria di cappuccetto rosso è quella di tutti i bambini un pò monelli che, nonostante abbiano disobbedito, alla fine, vengono accolti e coccolati ugualmente.
- COCCOLE, BACI, ABBRACCI - Non dimentichiamo quanto sia importante dimostrare amore ai nostri figli. C'è chi lo fa con discrezione, chi non è espansivo. Troviamo il modo di avere un contatto fisico con i bambini sempre. Loro ci tengono anche se non lo danno a vedere.
- LORO NON SONO COME NOI - Ogni volta che diciamo:"Lo capisco, lui fa così perchè ha ripreso da me" stiamo proiettando su nostro figlio qualcosa che non gli appartiene. L'ansia della prestazione, il disagio di un litigio con un amico, i sentimenti che nostro figlio prova non sono uguali ai nostri. Invece di dire al bambino:"ti capisco, anche io sono fatto così" raccontiamogli di quella volta che, invece, abbiamo cercato di reagire in maniera diversa, invitiamolo a provare nuove strategie di comuncazione. Non capiamolo. Non siamo compassionevoli con lui. Sproniamolo a reagire. E non obblighiamolo a giocare a calcio solo perchè piace a noi. Se vuole fare danza lasciamolo fare!
- A TUTTO C'E' UN RIMEDIO - A tutto c'è un rimedio. Insegniamo ai nostri figli che un brutto momento non durerà per sempre, che un brutto voto non è un'etichetta, che una punizione non è eterna e che se siamo adirati non vuol dire che smettiamo di amarli. Penso a quei ragazzini che si suicidano per un brutto voto o perchè si sentono diversi, non accettati...a quelli che si vendono per pochi soldi e a quelli che vengono sempre difesi a spada tratta dai propri genitori anche quando hanno torto. Penso ai bulli, alle vittime, alla perdita progressiva dell'identità per uniformarsi alla massa. Agli errori. E poi penso a mio figlio. A quello che voglio per lui. Alle aspettative, alle ambizioni. E alla felicità.
Perché voglio insegnare a mio figlio ad essere felice. E prima di tutto devo imparare io ad esserlo. A prendermi i meriti quando mi spettano, agli insuccessi quando avvengono.